Ottica oftalmica e fisiopatologia della refrazione
Alfredo Parrozzani
www.oculistanet.it


2 - LA LUCE

S'intende per luce, in senso stretto, quel fenomeno fisico elettro - magnetico che impressiona il nostro occhio, dandoci la sensazione della visione.

Le onde elettromagnetiche si manifestano come raggi gamma, raggi X, raggi ultravioletti, luce, raggi infrarossi, onde radio, a seconda  della frequenza e del contenuto energetico dei fotoni o dei quan­ti. Esiste un rapporto costante tra i quanti di energia raggiante e frequenza delle onde, questo rapporto è detto “Costante di Planck”:

 

h =  (6,62377 +  0,00018)  *  10-34 J/Hz 

 

Il valore della velocità della luce nel vuoto (in­dicato con la lettera c) attualmente riconosciuto e accettato (ricavato come media di misure eseguite con tecniche diverse) è:

c  =   (299 792,4562 + 0,001112) km/s ,  approssimato a   c =  3OOOOOkm/s = 3 108m/s.

Un corpo che emetta luce si rende visibile e si chiama  sorgente luminosa. I corpi che ricevono la luce si dicono illuminati.

Quando la luce incontra un corpo, avvengono vari fenomeni: una parte della luce è rinviata indietro in una sola direzione, se­condo certe leggi di cui parleremo più avanti, e si dice 1uce riflessa; una parte torna indietro in tutte le direzioni e si dice luce diffusa; una parte penetra nel corpo e si dice luce rifratta; una parte della luce rifratta viene trattenuta dal corpo e si dice 1uce assorbita. Questi fenomeni avvengono tutti contemporaneamente; noi, per comodità li studieremo separatamente, anche perché generalmente di tutti questi fenomeni c'è uno che prepondera su gli altri.

L’occhio è colpito direttamente o indirettamente dalle radiazioni elettromagnetiche, di queste solo quelle con lunghezza d’onda compresa tra 400nm e 700nm  determinano il maggior effetto; per lunghezze d’onda maggiori o minori, cioè tra 360nm e 1000nm l’effetto è insignificante e in particolari condizioni.

 

2.1 - Sorgenti di luce

Sono sorgenti di luce tutti i corpi che brillano di luce propria; il sole è una sorgente di luce naturale,  sono sorgenti artificiali tutte le sostanze riscaldate a una temperatura superiore agli 800 0C o alcune che percorse da corrente emettono luce. Il colore della luce emessa da queste sorgenti dipende dalla temperatura: man mano che questa cresce si passa da un colore rosso al giallo e infine al bianco.

Esaminando il colore della luce emessa da queste sorgenti si può risalire alla temperatura della sorgente; per esempio, analizzando il colore della luce emessa dalle stelle si ricava la loro temperatura; dalla luce emessa dal Sole è stata calcolata una temperatura superficiale di circa  6000 0C.

La luce che riceviamo da questi corpi è detta diretta, perché proviene direttamente dalla sorgente. Spesso, però, la luce ci arriva indirettamente attraverso la riflessione e la diffusione da corpi illuminati che non emettono luce. Questi corpi illuminati in parte riflettono ed in parte assorbono, in percentuale variabile, in base al colore, la luce che ricevono dalla sorgente; i corpi  scuri assorbono la maggior parte della luce, mentre quelli chiari riflettono e diffondono in percentuale alta la luce.

I corpi trasparenti sono quelli che si lasciano attraversare dalla luce permettendo di vedere gli oggetti che si trovano dalla parte opposta dell'osservatore, per esempio il vetro e l’acqua. La trasparenza di un corpo dipende dalla sua natura e dallo spessore. Al contrario, tutti quei corpi, come i metalli, il legno, ecc. che non si la­sciano attraversare dalla luce sono detti opachi.

Esistono anche i corpi traslucidi i quali fanno passare la luce, ma non per­mettono di distinguere gli oggetti, per esempio il vetro smeri­gliato, il vetro bianco, la carta, ecc.

 

2.2 - Propagazione della luce

 

La luce al contrario di altre onde non ha bi­sogno di un mezzo come sostegno per la sua propagazione, la luce del Sole infatti giunge a noi attraversando lo spazio vuoto, comunque si propaga ugualmente anche attraverso molti mezzi, purché si lascino attraversare da questa, cioè siano trasparenti.

Una importante proprietà della luce è  la sua propagazione rettilinea. Se osserviamo un sottile fascio di luce che da una piccola fessura penetra nel buio, notiamo in modo evidente il percorso rettilineo della luce che, per convenzione, identifichiamo con i raggi luminosi. Il concetto di raggio luminoso, rappresentato da una linea ret­ta  non corrisponde a una realtà concreta,  è solo un metodo utile per studiare una serie di fenomeni compresi nella co­siddetta ottica geometrica,  o ottica dei raggi.

La formazione delle ombre conferma indirettamente la  propagazione rettilinea della luce in un mezzo omogeneo e isotropo. Tuttavia è necessario anticipare che in certe particolari condizioni la luce non segue in modo rigoroso la propagazione rettilinea.

 

2.3 - Vergenza

 

Abbiamo visto che la luce si propaga rettiliearmente, la sua rappresentazione grafica può essere fatta con "raggi luminosi” rettilinei. I raggi luminosi possono essere paralleli, quando non si incontrano mai, convergenti, quando si incontrano in un punto e quindi convergono,

divergenti, quando si allontanano tra loro provenendo da un punto o da una sorgente puntiforme e quindi divergono.

Il fuoco dei raggi (F) è il punto da cui i raggi di­vergono o su cui i raggi convergono. I raggi che provengono dell’infinito o da una sorgente molto lontana sono considerati paralleli.

L’inverso della distanza (d), che separa il fuoco dalla sezione del fasci di raggi presa in considerazione, è detto vergenza. La distanza del fuoco è positiva se misurata, partendo dalla sezione presa in considerazione, nello stesso verso della propagazione dei raggi, mentre è negativa se misurata nel verso opposto alla propagazione dei raggi. Più vicino è il fuoco e più elevata è la vergenza., se la distanza dal fuoco è infinita la vergenza è nulla; se la distanza è positiva anche vergenza è positiva (+), i raggi convergono; se la distanza è negativa anche la vergenza è negativa (-), i raggi divergono.

Questa caratteristica di un fascio è importante, perché ci indica il rapporto tra loro e il decorso in relazione all distanza della sorgente.

L’unità di misura della vergenza è la diottria (la stessa che misura il potere di un diottrico, come vedremo in seguito).

La diottria è abbreviata con “ D “, ed è l’inverso della distanza focale in metri:

 

                D =  1/d                              e anche    d= 1/D

 

Esempi:

 

Un fascio di raggi convergenti in un fuoco distante 33 cm (0,33 m) ha una vergenza positiva di:

               D = 1/0,33 = 3              ( 3 diottrie)

 

Un fascio di raggi convergenti in un fuoco distante 10 cm (0,1 m) ha una vergenza positiva di:

               D = 1/0,1 = 10              ( 3 diottrie)

 

Un fascio di raggi divergenti provenienti da una sorgente distante 0,5 m ha una vergenza negativa di:

               D = 1/-0,5  =  -2            ( -2 diottrie)

 

Un fascio di raggi divergenti provenienti da una sorgente distante 4 m ha una vergenza negativa di:

               D = 1/-4 = -0,25               ( -0,25 diottrie)

 

Un fascio di raggi paralleli provenienti dall’infinito ha una vergenza di:

 

               D = 1/inf. = 0                  ( 0 diottrie)

 

 

 

 

2.3 - Grandezze ottiche

 

La tendenza dei corpi esposti alla luce a riscaldarsi dimostra che avviene un assorbimento energetico; quindi la luce, come tutte le onde meccaniche ed elettromagnetiche, trasporta energia.

Supponiamo una sorgente puntiforme, per valutare l'energia emessa da questa è necessario introdurre alcune grandezze oggettive che definiscono la radiazione luminosa da un punto di vista puramente fisico.

Le principali grandezze, espresse nel sistema SI (sistema internazionale), sono:

- Energia raggiante: energia emessa dalla sorgen­te o trasportata per irraggiamento.

Unità di misura:  Joule.

- Flusso di radiazione (o flusso di potenza) “ F  “:  rapporto tra la quantità di energia che attraversa perpendicolar­mente una superficie e il tempo durante il quale avviene ta­le passaggio.

Unità di misura: watt.

 

- Intensità di radiazione, I : flusso di radiazione emesso entro un angolo solido*  unitario. (l’angolo solido (simbolo W) di un cono di vertice V è il rapporto fra l'area S della porzione di superficie sferica, definita dall'intersezione del cono con una sfera di centro V, e il quadrato del raggio R della sfera stessa).

Unità di misura: watt/steradiante (simbolo: W/sr) (definisce steradiante l'angolo solido che, avendo il vertice nel centro di una sfera, delimita sulla superficie di questa un'area pari a quella di un quadrato dilato uguale al raggio della sfera)

- Irraggiamento di una superficie, E : rapporto tra  il flusso di radiazione incidente su una superficie piana e la super­ficie stessa.

Unità di misura:  W/m2.

 

Legge di Lambert

 

L’energia ricevuta “E” da una superficie dipende dall’intensità di radiazione “I”, dall’angolo a di incidenza ed è inversamente proporzionale al quadrato della distanza dalla sorgente “r”:

 

                                                    I cos a

                                         E  =  _____________                                                                                                               

                                                                    r2

 

 

 Se la radiazio­ne ha direzione  perpendicolare alla superficie avremo a = 0, per cui la precedente di­venta:

 

                                                     I

                                         E  =  _______                                                                                                               

                                                                r2

 

 

Da questa legge dell'irraggiamento di Lambert si ricava che uno stesso flusso energetico emesso da una sorgente luminosa si di­stribuisce su superfici sempre più grandi al crescere della distan­za

Se si vuole produrre sopra due superfici un stesso irraggiamento utilizzando due sor­genti di intensità I1 e I2 queste devono essere posizionate in modo che sia verificata la seguente:

                   

                                            I1            r12

                                        _______  =  _______    

                                            I2            r22

 

 

 

 

2.4 - Grandezze fotometriche

 

La percezione visiva dipende non solo dalle caratteristiche fisiche della sor­gente e dell’ambiente, ma anche da alcuni effetti soggettivi, anche di  natura psicologica. Perciò i fenomeni luminosi si possono valutare facendo riferi­mento ad alcuni effetti sensoriali provocati dalla luce.

Per tale motivo si introducono le cosiddette grandezze fotometriche:

 

- Intensità luminosa: corrisponde all'intensità di radiazione I.

Unità di misura: candela internazionale (simbolo: cd), intensità luminosa di una sor­gente che emette in una data direzione una radiazione monocro­matica di frequenza 540  1012 Hz e la cui intensità energetica è pa­ri a 1/683 W/sr;

 

- Flusso luminoso: corrisponde al flusso di radiazione F.

Unità di misura:l lumen (simbolo: lm), flusso luminoso emesso da una sorgente puntiforme avente l'intensità di una candela.

 

- Intensità di illuminazione o illuminamento: corrisponde all'irraggiamento E di una superficie.

Unità di misura:  lux (simbolo: lx) uguale a 1 lumen su metro quadrato (lm/m2): 

                                                             1 lux = 1lm/m2

La legge di Lambert è valida anche per le corrispondenti grandezze fotometriche espres­se in unità fotometriche. Per misurare queste grandezze si usano i fotometri .

 

 

2.5 - Interferenza

 

Se la luce giunge per due vie da un punto sorgente S a un punto illuminato O si ha in O illuminazione particolarmente intensa o particolarmente debole secondo che la differenza tra i due cammini percorsi dalla luce per arrivare da S ad O è eguale ad un multiplo pari o dispari della mezza lunghezza d'onda. In ciò con­siste il fenomeno dell’interferenza della luce.

L’interferenza è un fenomeno di tutte le onde per cui due movimenti ondulatori possono rinforzarsi se sono in fase o estinguersi a vicenda, se sono sfasati nella misura opportuna.  Anche per la luce si verifica il fenomeno di interferenza: per l’estinzione è necessario che le onde abbiano la stesa ampiezza e siano spostate di fase di mezza lunghezza d’onda esattamente, in modo che un massimo d’onda coincida esattamente con un minimo dell’altra. Se non vi sono queste condizioni, o se un’onda ha ampiezza maggiore, ne risulta un indebolimento.

Se  primaria è monocromatica, la fi­gura interferenziale è formata da una serie di strisce alternativa­mente chiare e scure dette frange d’interferenza.

Se invece utilizziamo sorgenti di luce coerenti non monocro­matiche, la configurazione delle strisce sullo schermo presenta gli orli leg­germente colorati a seguito dell'interazione delle diverse lunghez­ze d'onda presenti nella radiazione:  spettro interferenziale .

Anche nelle frange d’interferenza si ha conservazione dell’energia: l'energia che manca nelle frange oscure si ri­trova in quelle luminose, è una discontinua ripartizione spaziale dell'energia associata ai due fasci, quando questi so­vrapponendosi interferiscono.

Possiamo osservare alcuni caratteristici fenomeni interferenziali illuminando con luce bianca una sottile lamina trasparente, per esempio la colorazione delle bolle di sapone e delle macchie di olio, l'iridescenza delle perle o di al­cuni minerali.

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2.6 - Diffrazione

 

La pro­pagazione rettilinea della luce non è sempre valida, se teniamo conto dei fenomeni di diffrazio­ne. La diffrazione si evidenzia quando le radiazioni in­contrano ostacoli che interrompono il fronte d'onda, o aperture le cui dimensioni sono confrontabili con la lunghezza d'onda del­la radiazione adoperata. La distribuzione della luce non segue più le leggi dell'ottica geometrica. Nelle regioni di ombra geometrica, si può avere ancora luce, come se quest'ultima aggirasse gli ostacoli.

Il principio di Huygens ci permette di dedurre gli effetti della diffrazione e di calcolare alcuni parametri connes­si con l'onda che si propaga nello spazio. Se sul cammino dell'onda si trova un ostacolo o uno schermo con fori o fenditure che interrompono il fronte d'onda, il principio di Huygens permette di interpretare sia i fenomeni della propagazione rettilinea della luce sia quelli derivanti dall'ottica ondulatoria, come per esempio la diffrazione

Diffrazione attraverso una fenditura

        E’ un tipico esempio di dif­frazione è cvausato da una sottile fenditura illuminata con un'onda piana monocromatica.

Diffrazione attraverso un reticolo

Se facciamo passare un'onda piana attraverso uno schermo con di due fenditure molto strette e vicinissime fra loro, le frange di interferenza ten­dono ad avvicinarsi e a diventare, specie nella zona centrale, più marcate.

Se utilizziamo un sistema con. molte fenditure, disposte il più vicino possibile fra loro in modo da realizzare un numero elevato di sorgenti piuttosto elementari, si ottiene un reticolo di dif­frazione, in cui la distanza fra due fenditure rappresenta il  passo o costante del reticolo.

 

2.7 - Polarizzazione della luce

 

Il fenomeno della polarizzazione permette di distinguere le radiazioni elettromagnetiche dalle altre onde. E’ un fenomeno che per­mette di dimostrare che la luce è un'onda trasversale: le oscillazioni che determinano la perturbazione sono perpendi­colari alla direzione di propagazione.

Nelle onde longitudinali la direzione di vibrazione coincide con quella di propagazione, invece nelle onde trasver­sali le vibrazioni, sempre ortogonali alla direzione di propagazio­ne, possono essere contenute in uno degli infiniti piani passanti per questa direzione .

Così, se consideriamo la sezione trasversale di un raggio luminoso, le vibrazioni de­vono trovarsi in un piano perpendicola­re alla direzione di propagazione.

Ciò premesso, nello studio dell'ottica diciamo che un raggio luminoso è polarizzato tutte le volte che esiste un ordine nella distribuzione spaziale delle vibrazioni, caratterizzato dal "vettore  luminoso" chiamato anche "vetto­re vibrazione" o "vibrazione".

La luce è linearmente polarizzata quando il vet­tore vibrazione si mantiene costantemente in un piano, detto piano di vibrazione, in modo che il suo estremo descrive una sinusoide variando periodicamente in ampiezza.

Mentre nella luce naturale le oscillazioni avvengono in tutte le possibili direzioni perpendicolari al raggio, per cui l'onda ha una struttura simmetrica rispetto alla direzione di propagazione, nella luce polarizzata linearmente le oscillazioni giacciono sem­pre in un solo piano, chiamato piano di vibrazione. Il piano ortogonale a quello di vibrazione, passante sempre per la direzione di propagazione, viene di solito chiamato piano di polarizzazione.

Perché la luce ordinaria emessa da una sorgente non è mai polarizzata? Le onde elettromagnetiche, e come tali le radiazioni luminose, si originano ogni qualvolta varia lo sta­to energetico di un atomo, in particolare, allorché la materia vie­ne opportunamente eccitata. La luce naturale si origina pertanto dalla sovrapposizione dell'immensa moltitudine di onde elementari emesse dagli innu­merevoli atomi della sorgente. Poiché ogni treno d'onda elemen­tare è linearmente polarizzato in un piano distribuito casualmen­te intorno alla direzione di propagazione, la luce ordinaria è ca­ratterizzata da un'infinità di piani di oscillazione tutti equivalenti ed equiprobabili.

 

 

2.8 - L.A.S.E.R.

 

La parola  Laser è formata dalle iniziali delle parole Light Amplification hy Stimulated Emission of Radia­tion (amplificazione della luce per mezzo della emissione sti­molata di radiazioni), è una particolare sorgente di luce le cui caratteristiche principali sono: Coerenza, Collimazione, Monocromaticità.

Il luce LASER è generata a livello atomico in particolari condizioni. Gli elet­troni di un atomo occupano sempre posizioni in cui l'energia è minima, in tal caso l'atomo non emette alcuna forma di radiazioni. Se l'atomo viene eccitato dall'urto di un altro atomo, di un elettrone o di uno ione, può accadere che un elettrone periferico si sposti dalla posizione iniziale allontanandosi dal nucleo e perdendo stabilità. In una frazione molto piccola di secondo ritona nella sua posizione iniziale emettendo una certa quantità di energia sotto forma di radiazione elettroma­gnetica.

La frequenza di questa radia­zione emessa dipende dalla differenza di energia tra i due livelli del­l'elettrone e può essere calcolata con la seguente formula:

 

h n = E2 – E1

 

n = frequenza della radiazione;

h = costante di Plank ;

E2 = energia dello stato eccitato;

E1 = energia dello stato iniziale.

 

Il meccanismo di emissione suddetto determina la pro­duzione di energia luminosa da parte di una comune lampada d'illuminazione, con  radiazioni emesse in ogni direzione spaziale ed in manie­ra disordinata senza coerenza. Gli atomi di alcune sostanze possiedono però livelli eccitati, cioè dove può essere spostato un elettrone e rimanere in questa posizione per tempi relativamente lunghi (secondi , minuti o ore). Questo livello di energia è chiamato «metastabile» e permette l’emissione di luce LASER. Questi livelli permettono l'e­missione, nel passaggio dalla posizione metastabile a quella stabile, di una radiazione sempre uguale ed in fase con quella di ecci­tazione e un’assoluta monocromaticità.

Ora esaminiamo le caratteristiche peculiari di un raggio laser:

 

Coerenza

Tutte le onde emesse dai singoli atomi possono essere sovrapposte in maniera perfetta e la luce che emerge dalla sorgente LASER è formata da radiazioni luminose in perfetta fase.

 

Collimazione

Mentre le lampade ad incandescenza emette luce in tutte le direzioni, il raggio Laser si propaga in un fascio cilindrico di sezione pari a quella dell'apertura d'uscita del tubo d'emissione senza disperdersi.

 

Intensità

L'intensità di un raggio LASER può essere molto alta (anche mille Joule in un microsecondo. Poiché il fascio laser può, con un siste­ma di lenti, essere ridotto ad una sezione di un centesimo di mil­limetro, il flusso luminoso in questa sezione potrà risultare circa dieci milioni di miliardi di volte superiore a quello della radiazione solare.

Una emissione Laser può esse­re ottenuta con varie sostanze: cri­stalli solidi (rubi­no sintetico); liquidi; gas (elio, neon, anidride car­bonica, azoto, argon); terre rare diluite in solventi; semicon­duttori (diodi laser). Ognuno di questi laser ha caratteristiche proprie di lunghezza d’onda e intensità.

 

CONTINUA

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