Ottica oftalmica e fisiopatologia della refrazione
Alfredo Parrozzani
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3 - CATOTTRICA (Riflessione della luce)

Un raggio luminoso che incontra la superficie di separazione di due mezzi trasparenti diversi 1 e 2, il raggio incidente luogo a due raggi, dì cui uno, chiamato raggio riflesso, ritorna nel primo mezzo, mentre l'altro, chiamato raggio rifratto, penetra nel secondo mezzo e si propaga in una direzione diversa da quella del raggio incidente. In questo modo si verificano due fenomeni: la riflessione e la rifrazione della luce. L'energia luminosa in parte si riflette e in parte si rifrange. Ora ci occuperemo della riflessione della luce e delle sue applicazioni e successivamente della rifrazione.

Si ha un solo raggio rifratto nel secondo mezzo se il raggio di luce incidente è monocromatico (cioè di un colore). Se invece nel raggio incidente non è monocromatico ma composto da radiazioni di vario colore (come può essere un raggio solare) nel secondo mezzo si hanno tanti raggi diversamente colorati, quanti sono i colori presenti nel raggio incidente.

Nella catottrica ci occuperemo solo di raggi monocromatici perché è parte dell’ottica geometrica, che si occupa solo del comportamento geometrico semplificato dei raggi senza studiarne le caratteristiche fisiche-spettrali.

Nella riflessione, l’angolo di incidenza i è quello formato dal raggio incidente con la normale alla superficie riflettente nel punto di incidenza, e l’angolo di riflessione i' è quello formato dal raggio riflesso con la stessa normale.

Le leggi di Snellius-Cartesio sono due leggi sperimentali della riflessione :

1) il raggio incidente, la normale alla superficie riflettente nel punto di incidenza e il raggio riflesso giacciono nello stesso piano;

2) l'angolo di incidenza i è uguale all'angolo di riflessione i'.

Le leggi della riflessione possono essere dedotte matematicamente da un principio generale, noto come principio di Fermat .

Esempi di superfici riflettenti sono quelle metalliche ben levigate e gli specchi; queste costituiscono superfici speculari, che possono essere piane o curve.

La diffusione invece avviene se la superficie riflettente è scabra, in questo caso i raggi luminosi emessi da una sorgente puntiforme sono riflessi secondo innumerevoli direzioni che variano disordinatamente; per questo fenomeno che riusciamo a vedere i corpi illuminati dalle sorgenti.

3.1 - Specchi piani

Una superficie speculare piana dotata di forte potere riflettente è detta specchio piano. Consideriamo una sorgente puntiforme P. In base alle leggi della riflessione è possibile costruire i raggi riflessi provenienti dai raggi incidenti PI, PI’,PI". I raggi riflessi divergono, mentre i loro prolungamenti geometrici si incontrano nel punto P', simmetrico di P rispetto allo specchio.

Ponendoci davanti allo specchio, ricevendo i raggi riflessi, abbiamo l'illusione che questi provengano tutti da P’. Diciamo per questo che P’ è l'immagine virtuale di P, virtuale o fittizia perché per un osservatore i raggi si comportano come se provenissero da P’ e non da P.

E’ possibile costruire l’immagine di un oggetto di dimensioni finite ripetendo per ogni punto il suddetto metodo: il luogo dei punti immagini rappresenta l'immagine dell'oggetto.

Questa immagine non è uguale all'oggetto; sebbene abbia sempre le medesime dimensioni dell'oggetto, non risulta sovrapponibile ad esso ma rovesciata in modo la destra reale coincide con la sinistra dell’immagine dello specchio. Proprio questo tipo di immagine che non potrà mai coincidere con quella reale viene dette "speculare".

3.2 - Specchi sferici

Applicando le leggi della riflessione ad una superficie riflettente avente la forma di una calotta sferica dotata di notevole potere riflettente, si avrà formazione di immagini riflesse con caratteristiche particolari che variano in base al tipo di superficie riflettente. Queste superfici altamente riflettenti sono dette specchi sferici, questi si dividono in due categorie:

specchi concavi, se la superficie speculare è quella interna della calotta .

specchi convessi, se la superficie speculare è quella esterna .

Gli elementi che caratterizzano questi specchi sferici e necessari per lo studio della riflessione sono:

1)centro di curvatura: centro C della superficie sferica alla quale appartiene la calotta;

2)asse ottico principale: rappresenta l'asse di simmetria della calotta passante per C;

3)vertice: punto V di intersezione dell'asse ottico principale con la calotta sferica;

4)angolo di apertura: angolo compreso fra i due raggi condotti dal centro C agli estremi dell'arco sezione;

5)asse secondario: ogni altra retta passante per C che incontri lo specchio considerato.

Tutte le proprietà degli specchi sferici possono essere dedotte da un asse qualsiasi, tuttavia lo studio viene condotto per semplicità sull’asse principale. Inoltre è necessario tenere conto delle cosiddette approssimazioni di Gauss con dalle seguenti condizioni:

1) piccolo angolo di apertura, in modo che la porzione di calotta sferica sia molto piccola rispetto alla superficie sferica alla quale essa appartiene;

2) raggi parassiali, nel senso che i raggi luminosi che giungono sullo specchio sono poco inclinati rispetto all'asse ottico principale e quindi formano con esso angoli molto piccoli.

Fuochi

Consideriamo:

- un fascio di raggi paralleli all'asse dello specchio sferico;

- la normale alla superficie, che si riflette perpendicolarmente in un punto V e che corrisponde praticamente al raggio della superficie sferica alla quale appartiene la calotta, il cui centro è C.

Se sono soddisfatte le approssimazioni di Gauss, è possibile costruire, mediante le leggi della riflessione, il raggio riflesso corrispondente ad ogni raggio incidente, tutti questi raggi riflessi convergono in un punto F giacente sull'asse e chiamato fuoco principale dello specchio.

Con una certa approssimazione il fuoco si trova nel punto medio di VC; la misura del segmento VF; chiamata distanza focale è indicata con f ed è pari alla metà del raggio R di curvatura dello specchio.

Nel caso degli specchi convessi, un fascio di raggi paralleli all'asse principale, dopo la riflessione, diverge come se provenisse dal punto medio F del raggio VC . Tale punto è chiamato fuoco principale ed è virtuale, cioè fittizio, in quanto il luogo di incontro dei prolungamenti dei raggi riflessi non rappresenta alcuna concentrazione d'energia luminosa associata ai raggi riflessi come avviene per gli specchi concavi.

Punti coniugati

Esaminiamo ora come si comportano i raggi provenienti non dall’infinito, cioè paralleli, ma da una sorgente luminosa puntiforme, che chiameremo punto oggetto, posta in un punto P dell'asse principale di uno specchio concavo:

- un generico raggio PI che, uscendo da P, colpisca lo specchio nel punto I viene riflesso dallo specchio secondo la direzione IP' che forma con la normale IC (raggio della superficie sferica di centro C) un angolo uguale a quello che il raggio incidente forma con la stessa normale;

- il raggio luminoso PV invece, poiché è normale allo specchio, si riflette su se stesso.

Possiamo dedurre che i raggi riflessi corrispondenti ai vari raggi incidenti uscenti da P si intersecano in uno stesso punto, che non è F' ma un punto P', punto immagine corrispondente al punto oggetto dato P. Ugualmente se poniamo la sorgente nella posizione P', otteniamo l'immagine nella posizione P. Questo è il principio della reciprocità dei cammini luminosi, in base al quale se il punto immagine diventa punto oggetto, quest'ultimo diventa punto immagine. Così ogni coppia di punti costituita da un punto oggetto e dal corrispondente punto immagine forma un sistema di punti coniugati.

Come avviene per i punti coniugati, anche per una sorgente luminosa posta nel fuoco F esiste un suo coniugato che è l’infinito, i raggi che giungono sullo specchio si riflettono parallelamente all'asse principale. Così possiamo dire che il fuoco è il punto coniugato del punto all 'infinito dell'asse principale.

Se invece la sorgente è posta tra il fuoco e lo specchio, i raggi riflessi provenienti da P non convergono in alcun punto anteriore allo specchio, ma formano un fascio divergente.

I prolungamenti dei raggi riflessi convergono nel punto P', posto sull'asse principale dietro lo specchio, che non rappresenta un effettivo luogo di convergenza dei raggi riflessi, ma è l’immagine virtuale di P.

Per chiarire meglio questo concetto di immagine virtuale possiamo dire che mentre l'immagine reale può essere sperimentalmente osservata su uno schermo disposto opportunamente sull'asse principale, l'immagine virtuale non può essere raccolta su alcuno schermo; si può percepire tale immagine solo se l'occhio si trova sul cammino del fascio divergente.

Riassumendo possiamo enunciare le seguenti definizioni:

L’immagine reale è il luogo di incontro dei raggi riflessi dallo specchio provenienti da un fascio di raggi uscenti dalla sorgente.

L’immagine virtuale è il luogo di incontro dei prolungamenti di un fascio di raggi riflessi divergenti.

Le suddette considerazioni valgono anche nel caso in cui il punto oggetto P non si trovi sull'asse principale

Nel caso di specchi convessi considerando un punto oggetto P posto sull'asse principale e davanti allo specchio, qualunque sia la sua posizione, si nota che i raggi incidenti partenti da P determinano sempre un fascio di raggi riflessi divergenti. Questo fascio si comporta come se provenisse dal punto P’ posto sull'asse principale dietro lo specchio. In altre parole il punto P', coniugato di P, è sempre virtuale.

Costruzione delle immagini

Se la sorgente luminosa, anziché essere puntiforme, ha dimensioni geometriche finite si forma un'immagine simile alla sorgente, avente dimensioni generalmente diverse.

Per semplicità utilizziamo oggetti lineari come sorgenti, per esempio un segmento AB rappresentato da una freccia. Se l'oggetto si trova su un piano perpendicolare all'asse, l'immagine sarà nel piano coniugato pure perpendicolare all'asse. In tal modo la costruzione geometrica delle immagini di oggetti lineari viene ricondotta a quella di un solo punto. Infatti possiamo considerare due raggi qualsiasi uscenti dall'estremo A del segmento giacente fuori dell'asse e determinare, mediante le leggi della riflessione, i corrispondenti raggi riflessi. Così possiamo affermare i seguenti princìpi:

a) ogni raggio parallelo all'asse ottico determina un raggio passante per il fuoco principale;

b) ogni raggio passante per il fuoco principale determina un raggio parallelo all 'asse;

c) ogni raggio passante per il centro di curvatura, incidendo normalmente alla superficie dello specchio, viene riflesso nella stessa direzione.

Dobbiamo tenere conto che, se utilizziamo specchi sferici non compresi nelle approssimazioni di Gauss, le immagini vengono poco nitide e alquanto distorte. Ciò si verifica in quanto un fascio di raggi paralleli non converge più nel fuoco, ma in una zona più estesa chiamata superficie caustica.

Analisi quantitativa degli specchi sferici

Nel precedente paragrafo abbiamo esaminato gli specchi sferici solo dal punto di vista qualitativo con la costruzione delle immagini, ora è necessario prendere in considerazione l'aspetto matematico per individuare sia la posizione sia la grandezza dell'immagine di un oggetto assegnato. Questo studio quantitativo viene fatto con l’equazione dei punti coniugati e il calcolo dell’ingrandimento.

Equazione dei punti coniugati

L’equazione dei punti coniugati rappresenta la relazione fondamentale tra la distanza del punto oggetto e del punto immagine dallo specchio e il raggio di curvatura:

Questa relazione mostra che, entro le approssimazioni dì Gauss, il raggio riflesso corrispondente a un generico raggio uscente dal punto oggetto P interseca l'asse sempre nello stesso punto P’. Di conseguenza un fascio di raggi omocentrico con centro P’ corrisponde nella riflessione sullo specchio al fascio omocentrico di raggi incidenti uscenti da P. In altri termini, uno specchio sferico forma un'immagine puntiforme P’ di una sorgente puntiforme P che può essere reale o virtuale.

Il punto in cui convergono i prolungamenti di un fascio di raggi incidenti è chiamato oggetto virtuale e si comporta come l’oggetto reale nell’equazione dei punti coniugati. Quindi l'equazione dei punti coniugati, da noi ricavata nel caso particolare dell'immagine reale prodotta da uno specchio concavo, vale in ogni caso per oggetti e immagini sia reali che virtuali e per specchi sia concavi che convessi, se alle distanze p e q dell'oggetto e dell'immagine dallo specchio e al raggio di curvatura R si attribuisce un segno secondo le seguenti convenzioni:

1) per oggetti reali p è positiva, mentre per oggetti virtuali p è negativa; in modo analogo q è positiva per immagini reali e negativa per immagini virtuali;

2) il raggio di curvatura R è positivo se il centro C si trova nello spazio in cui si formano le immagini reali, cioè nella stessa parte rispetto allo specchio da cui proviene la luce (specchio concavo), è invece negativo se il centro si trova nello spazio in cui si formano le immagini virtuali, cioè nella parte opposta rispetto allo specchio a quella da cui proviene la luce (specchio convesso).

La relazione dei punti coniugati è simmetrica rispetto a p e q, cioè, se il punto oggetto va in P’, il punto immagine si sposta in P. Quando il punto oggetto si allontana infinitamente dal vertice, nel senso che la misura p della corrispondente distanza assume valori estremamente grandi, il valore del rapporto 1/p risulta nullo; quindi l’equazione dei punti coniugati diventa:

In questo caso q rappresenta la distanza focale f , per cui possiamo scrivere la precedente nella forma:

Praticamente l'equazione dei punti coniugati mostra come varia la distanza dell'immagine dallo specchio al variare della posizione dell'oggetto sull'asse principale.

Ricavando la posizione q dell'immagine in corrispondenza di alcuni particolari valori di p, si potrà avere:

p à infinito

p = 2f

p = f

p = f/2

p = 0

q = f

q = 2f

q à infinito

q = - f

q = 0

Dalla suddetta tabella possiamo notare che, quando la sorgente luminosa si sposta sull'asse dall'infinito fino al centro di curvatura dello specchio, l'immagine si sposta dal fuoco verso il centro, ove entrambe coincidono. Quando l'oggetto oltrepassa il centro di curvatura avvicinandosi verso il fuoco, l'immagine si allontana ulteriormente dallo specchio tendendo all'infinito. Se la distanza del punto oggetto dal vertice è minore della distanza focale, il punto immagine coniugato si trova dietro lo specchio, cioè diventa virtuale e la distanza dal vertice diventa negativa.

Negli specchi convessi il raggio di curvatura è negativo, cosicché anche la distanza focale è negativa e quindi il fuoco è virtuale. Nella formula dei punti coniugati la distanza focale è negativa, essendo il valore della distanza p sempre positivo, q sarà sempre negativo; l'immagine si forma pertanto dietro la superficie riflettente, immagine virtuale .

Ingrandimento lineare

Uno specchio sferico fornisce un'immagine pure perpendicolare all'asse se l’oggetto è situato in un piano anche esso perpendicolare all'asse. Schematizzando l’oggetto con un segmento, si dice ingrandimento lineare o trasversale il rapporto fra la misura del segmento immagine e la misura del segmento oggetto.

Possiamo esprimere questo ingrandimento in funzione dei parametri che compaiono nella formula dei punti coniugati avremo:

Da questa formula deduciamo che l'ingrandimento lineare dipende dalla distanza p dell'oggetto dallo specchio e dalla distanza focale. Inoltre l’ingrandimento avrà il segno + se l'immagine è diritta rispetto all'oggetto e il segno - se l'immagine è capovolta.

CONTINUA

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