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1 - STORIA1.1 - Gli occhialiA parte i primi ritrovamenti di oggetti di vetro o di cristallo grossolani, che in qualche modo potevano essere usati come lente, negli scavi di Ninive e di Pompei, fino alla fine del XIII secolo non è possibile parlare di uso di occhiali nella correzione dei difetti refrattivi. I primi studi di ottica furono fatti da Euclide circa 300 anni a. C.. I Greci e i Romani ignoravano luso di vetri convessi per ridurre i problemi refrattivi. Nel 1305 Bernard de Gordon nel suo Lilium Medicinae affermava che pezzi di cristallo (in berillo) potessero permettere ad un vecchio di leggere caratteri piccoli. I vetri destinati a migliorare la vista
venivano originariamente montati a forma di binocolo, gli
occhiali veri e propri comparvero solo all'inizio del
XVII secolo nei quadri dell'epoca. Lidentità
dellinventore degli occhiali non è chiara esistono
solo supposizioni. Nel 1684, Leopoldo Minghore, nella
sua Firenze illustrata, riporta di aver notato
su di una lastra della chiesa di Santa Maria Maggiore la
seguente frase: Qui giace Salvino d'Armati, di
Firene, inventore degli occhiali
Anno Domini
1317. Un'altra ipotesi attribuisce a Ruggero
Bacone il merito della scoperta degli occhiali; l'epoca
in cui gli occhiali fanno la loro comparsa
coincide proprio con la sua vecchiaia (1294). Secondo altri linvenzione degli occhiali avvenne a Venezia. Però attualmente si tende a credere che lindustria vetraria di Venezia servì solo alla diffusione di questo presidio ottico. 1.2 - Origine dellottica fisiopatologicaLorigine della moderna scienza dellottica fisiopatologica è attribuito a due italiani: Francesco Maurolico (messinese, 1494-1575) e Giovanni Battista della Porta (napoletano 1536-1615). Questi due scienziati permisero di iniziare limpostazione dellottica, che fu completata da Giovanni Keplero (1571- 1630). Il personaggio più significativo nella storia dellottica fu Galileo che con i suoi studi e con i suoi strumenti ottici determinò una trasformazione rivoluzionaria rispetto allottica classica del secolo precedente. Nel 1635 Cartesio pubblicò le leggi esatte della rifrazione. 1.3 - Misura della velocità della luceGalileo, che per primo cercò di misurarne sperimentalmente la velocità con un esperimento molto semplice: utilizzando due lanterne coperte tenute da due osservatori e misurando il tempo trascorso tra lo scoprimento della prima lanterna e quello della seconda in risposta alla prima, sottraendo il tempo di reazione degli osservatori misurato eseguendo lesperimento a pochi passi di distanza. Con questo esperimento non trovò alcuna differenza di tempo a distanze molto diverse, e da ciò egli dedusse che molto probabilmente la luce si propaga a una velocità infinita, o talmente grande che il tempo impiegato a percorrere la distanza di alcune centinaia di metri è troppo piccolo per essere misurato. Un successivo esperimento per la determinazione della velocità della luce, che utilizzò un metodo astronomico fu quello di Ròmer. Egli era convinto che la luce doveva impiegare un certo tempo nello spazio, notò il ritardo con cui la luna di Giove appariva quando la Terra veniva a trovarsi più lontana da Giove e capì che doveva dipendere dal tempo impiegato dalla luce per percorrere la maggiore distanza fra i due pianeti. Con queste osservazioni dedusse che la velocità della luce è finita. Il primo vero calcolo della velocità della luce con un esperimento fu effettuato nel 1849 dal francese Fizeau. Egli con un sottile fascio luminoso proveniente da una sorgente luminosa, dopo un percorso di 10 km con specchi semi o totalmente riflettenti e dopo aver attraversato una ruota dentata, che gira a grande velocità in modo tale che la luce percorra 2 volte la distanza, così a un spazio si sostituisce il dente successivo e il raggio riflesso non giunge più all'osservatore. In tal modo, nota la velocità angolare della ruota e il numero dei denti, misurando la distanza , Fizeau. ricavò la velocità della luce: 313.300 km/s. Foucault alcuni anni più tardi migliorò l'esperimento di Fizeau, sostituendo la ruota dentata con uno specchio rotante in modo da effettuare tutte le misure in laboratorio, e trovo la velocità della luce nell'aria (298000 km/s) e nell'acqua (circa 3/4 di quella con cui si propaga nell'aria). Michelson nel 1923, perfezionò ulteriormente lesperimento e trovò una velocità della luce pari a 299792,5 km/s, questo è un valore molto vicino a quello attualmente accettato. 1.4 - Natura della luce
Newton propose la prima vera teoria riguardante la natura della luce: la teoria corpuscolare. Secondo questa teoria la luce è costituita da particelle che partono dalla sorgente luminosa e l'intensità di illuminazione prodotta da una sorgente su uno schermo è proporzionale al numero di corpuscoli che in ogni secondo colpiscono la superficie unitaria La teoria corpuscolare potrebbe essere anche conciliata con la propagazione rettilinea della luce. Tenendo conto che i corpuscoli di luce viaggiano ad una velocità elevatissima e che la deviazione gravitazionale dal percorso rettilineo dì un grave è tanto più piccola quanto più grande è la velocità, è possibile affermare, con ottima approssimazione, che la propagazione rettilinea della luce è compatibile con la teoria corpuscolare. La teoria corpuscolare della luce riesce anche a interpretare la legge di Lambert secondo cui l'intensità di illuminazione prodotta da una sorgente varia con il quadrato della distanza r. Anche le leggi della riflessione sono verificate con la teoria corpuscolare, infatti sappiamo anche che nell'urto elastico contro pareti le sfere si comportano come le leggi della riflessione. Nel 1670 lo scienziato olandese Christian Huygens ipotizzo che la luce fosse costituita da onde elastiche longitudinali, con trasferimento quindi di energia e non di materia. Anche Newton all'inizio delle sue ricerche di Ottica pensò a una interpretazione ondulatoria della luce, ma successivamente divenne un deciso oppositore di questa teoria. Se la luce fosse un'onda, dovrebbe "piegarsi nell'ombra", come avviene per le onde del mare che si propagano dietro gli ostacoli, ciò non succede alla luce. Huygens rispose che nel caso di onde corte, come quelle che si producono in un fiume, battendo contro il fianco di una grande barca producono un'ombra ben marcata, cioè dietro la barca non esistono onde come avviene per le ombre luminose. Inoltre secondo Newton ogni tipo di onda ha bisogno di un mezzo per potersi propagare, mentre la luce viaggia nel vuoto. Per rispondere a questa critica Huygens dovette riutilizzare il misterioso etere, sostanza priva di attributi materiali ideata per altri motivi da Aristotele. Letere era un fluido imponderabile, presente in ogni punto dello spazio e quindi anche nel vuoto, rappresentava il mezzo elastico indispensabile alla propagazione della luce. Le due teorie restarono in competizione per oltre un secolo, l'interpretazione della rifrazione (in particolare il fatto che nell'acqua la luce avrebbe dovuto propagarsi, secondo il modello corpuscolare, con velocità maggiore che nell'aria) fece prevalere il modello ondulatorio e determinò il tramonto di quello corpuscolare.. Per mettere in evidenza un fenomeno interferenziale si fanno sovrapporre, in una limitata regione dello spazio, due radiazioni luminose provenienti da una medesima sorgente e che hanno percorso cammini diversi. In tal modo, quando le due radiazioni si sovrappongono, presentano una differenza di fase dipendente dalla differenza dei tempi impiegati per percorrere le rispettive distanze dalle sorgenti al punto di interferenza, cioè praticamente proporzionale alla differenza dei cammini percorsi dalle onde. L'esperienza ha anche confermato che, come sosteneva Huygens, si producono fenomeni di diffrazione con la luce quando questa attraversa fori o incontra ostacoli di dimensioni molto piccole . Questo fatto conferma che la luce è un'onda con lunghezza d'onda molto piccola. Nel 1812 l'esperimento di interferenza e di diffrazione realizzato da Young confermarono la teoria ondulatoria della luce . Tuttavia rimaneva il problema del mezzo necessario per la propagazione delle onde luminose. L'etere infatti si rivelò subito una sostanza così complessa da sembrare assolutamente non adatta a spiegare la propagazione della luce. Nel 1870 con linizio dellelettricità e del magnetismo nacque lipotesi che tra la luce e i fenomeni elettromagnetici potesse esserci qualche legame e somiglianza. Il fisico scozzese J. C. Maxwell sostenne che la luce è un'onda di natura elettromagnetica perché viaggia con la stessa velocità delle onde elettromagnetiche ed è un'onda trasversale e non longitudinale, come le onde elettromagnetiche. Queste onde potevano fare a meno di qualsiasi mezzo, in quanto un'onda elettromagnetica non rappresentava la propagazione di una vibrazione elastica, bensì un processo, provocato da un campo elettrico e da un campo magnetico, che poteva avvenire sia nel vuoto sia in un mezzo materiale. Albert Einstein, all'inizio del Novecento, per poter interpretare leffetto fotoelettrico, ripropose nuovamente l'aspetto corpuscolare delle radiazioni, portando Avanti la proposta che le radiazioni elettromagnetiche dovevano essere caratterizzate da un duplice aspetto: alcune volte si comportavano come un corpuscolo, chiamato quanto o fotone, altre volte invece come onda. Dai risultati sperimentali si evidenzia chiaramente che per interpretare alcuni fenomeni, come l'effetto fotoelettrico, la luce ha caratteristiche corpuscolari, mentre per spiegarene altri, come l'interferenza e la diffrazione, la stessa radiazione si comporta in modo ondulatorio. Non è mai è necessario fare intervenire simultaneamente l'aspetto corpuscolare e quello ondulatorio. Inoltre non solo la luce, ma tutto ciò che esiste può presentare alcune caratteristiche di dualismo onda-corpuscolo. Anche un elettrone, in particolari condizioni, può presentare proprietà ondulatorie. Anche il concetto di etere è stato totalmente eliminato da Einstein con la teoria della relatività. Una conferma che la luce è contemporaneamente energia e materia, onda e particella, è rappresentata dallequazione di Eìnstein E = mc2 , dove E è l'energia, m la massa, c è la velocità della luce. L'energia sotto qualsiasi aspetto si presenti è sempre una forma di materia ed è possibile una reciproca trasformazione: energia à materia e materia à energia. |
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