PARTE
SECONDA
FRATTALI, CAOS E
SISTEMI DINAMICI COMPLESSI IN OFTALMOLOGIA
"Ogni legge è considerata semplice fino a prova
contraria...
... ci accorgiamo che si producono fenomeni, per così
dire, inversi: da un lato,
la semplicità si nasconde sotto apparenze complesse,
dall'altro, al contrario, è la semplicità a dissimulare
realtà estremamente complesse."
(Henri Poincarè)
1 - INTRODUZIONE
Molti si saranno certamente chiesti perché le strutture
oculari, come molte altre della natura, presentino una
regolarità soggiacente, nascosta dall'apparente
casualità, che spesso si ripete a più scale; ad un
primo esame non è possibile capirne il motivo e intuirne
le regole.
Le dinamiche oculari vengono interpretate seguendo le
regole della logica e della dinamica classiche, per
alcuni lati con risultati abbastanza soddisfacenti,
tuttavia con molte lacune ed incertezze.
In tutte queste dinamiche, con manifestazioni
apparentemente legate a quell'insieme di fattori
imponderabili che erroneamente definiamo
"caso", esistono leggi che creano una stretta
relazione tra "inizio" e "fine"?
Quali meccanismi costruttivi, e quindi evolutivi, possono
aver generato le regolarità geometriche presenti nelle
forme delle strutture oculari, che hanno raggiunto una
efficienza funzionale e un alto grado di adattamento alle
forze a cui sono sottoposti? Queste domande possono
restare senza risposta se non affrontiamo il problema
all'origine, respingendo, come scontate e uniche, le
"vecchie regole" della geometria classica, e
tuffandoci nel mondo dell'irregolare "armonico"
e del caos "ordinato ".
L'interpretazione di gran parte dei fenomeni naturali, e
quindi anche di quelli biologici, attraverso la geometria
classica, speso ci lascia insoddisfatti per le forzature
e le "squadrature" con cui avviene.
Nel mio lavoro clinico quotidiano spesso ho avuto
occasione di osservare che alcune strutture oculari
presentano, nella loro apparente morfologia strana e
disordinata, un ordine logico che sfugge ad ogni
possibile intuizione immediata. Spesso anche i sistemi,
che talvolta cerchiamo di inquadrare in schemi
logico-matematici, presentano un andamento totalmente
caotico, ma con regole rigide.
Il primo impatto con la geometria frattale, con il caos e
con i sistemi dinamici complessi ha determinato solo una
sensazione di meraviglia e di curiosità. Approfondendo e
addentrandomi in questa nuova scienza matematica mi sono
reso conto che questa rappresenta certamente la base e il
futuro di ogni indagine scientifica, non solo nelle
scienze puramente matematiche, ma anche in quelle
biologiche.
Molti interrogativi che sono alla base delle perplessità
precedentemente espresse si sono mostrati con una luce
nuova.
La peculiare capacità dei frattali di riprodurre la
concreta dinamica dei fenomeni oculari rende possibile
inglobare in una spiegazione scientifica generale
morfologie ed eventi unici (nessuna vascolarizzazione
retinica sarà uguale ad un'altra, così come nessuna
idrodinamica sarà sovrapponibile ad un'altra), la cui
essenza è concretamente vista come complessa, non
prevedibile e irripetibile.
In tal modo si realizza la possibilità di affrontare
attraverso una teoria scientifica l'indagine di alcuni
aspetti dei sistemi oftalmici che in precedenza erano
stati affidati a una valutazione empirica ed estetica,
condotta seguendo criteri e metodi non scientifici.
L'evoluzione dell'occhio, come quella degli altri organi,
è il risultato dei processi di mutazione e
ricombinazione dell'informazione genetica, che genera la
variabilità, con caratteri caotici, su cui agisce la
selezione naturale.
L'informazione genetica fornirebbe solo valori matematici
di parametri necessari per lo sviluppo di algoritmi
dettati dalla natura.
Questi determinerebbero la formazione di un elevato
numero di strutture frattali fino a realizzare l'organo
completo. In pratica si verrebbe a creare una
combinazione di più algoritmi, che produrrebbero un
mosaico di strutture frattali.
I biologi teorici affermano che l'invarianza di scala
frattale non è solo comune ma universale nella
morfogenesi, e sostengono la necessità di comprendere il
modo in cui tali modelli sono codificati ed elaborati.
Questa bio-organizzazione frattale presenta una estrema
variabilità con frattali non solo "lineari",
ma anche "non lineari" e "aleatori".
Le caratteristiche aleatorie sono necessarie per esigenze
funzionali e per offrire una maggiore capacità di
adattamento dell'organismo alla variabilità ambientale.
Le strutture frattali del occhio si organizzano
attraverso una dinamica lenta di sviluppo ed evoluzione
embrionale. Si è ipotizzato che tali processi mostrano
un caos deterministico.
E' possibile rilevare numerosi esempi di autosomiglianza
in scala temporale nello sviluppo dell'occhio. Questa
autosomiglianza non è certamente completa, perché
presenta molte caratteristiche aleatorie legate ai
numerosi fattori che influenzano lo sviluppo. Già dopo
poche settimane l'abbozzo dell'occhio presenta quasi
tutte le caratteristiche dell'organo completo, anche se
in scala minore.
Questo sviluppo embrionale ,che può comportarsi in modo
erratico, si presenta come sistema dinamico non lineare
con casualità vincolata, che può avere carattere
frattale.
Tutte le strutture oculari di tipo frattale, nonostante
facciano da supporto a funzioni completamente diverse,
hanno in comune tratti strutturali e fisiologici.
Ramificazioni e pieghe frattali amplificano notevolmente
la superficie necessaria per l'assorbimento e la
distribuzione dei liquidi circolanti nel bulbo e per la
diffusione e l'elaborazione degli stimoli nervosi.
Le strutture frattali oculari, proprio per la loro
irregolarità, sono particolarmente resistenti alle
sollecitazioni meccaniche, mantenendo, nello stesso
tempo, volume ridotto e peso limitato.
Per quanto riguarda i ritmi e le dinamiche oculari, si
può attendere fino a quando i biochimici e i fisiologi
accertino e chiariscano tutti i particolari dei loro
meccanismi, o iniziare a studiare come questi funzionino
nei termini della teoria dei sistemi dinamici complessi,
anch'essi con caratteristiche caotiche e frattali.
Ritengo che la medicina, e in particolare l'oftalmologia,
sia uno dei campi più adatti allo sviluppo applicativo
delle teorie dei frattali, del caos e dei sistemi
dinamici complessi.
Certamente abbiamo davanti molta strada prima di arrivare
ad una interpretazione dell'oftalmologia basata
totalmente sui principi di questa nuova scienza della
complessità.
Questa trattazione non vuole rivoluzionare tutta
l'oftalmologia ma cerca di chiarire alcuni aspetti
morfologici e fisiopatologici attraverso questa
"nuova prospettiva", che certamente è più
adatta a descrivere i fenomeni della natura, rispetto a
quella "classica" troppo rigida e fredda.
Nei capitoli che seguono viene tentata una
interpretazione "FRATTALE" di alcune delle più
significative strutture e dinamiche oculari. Per alcune
sono riportate le deduzioni ricavate da osservazioni
cliniche, per altre vengono espresse impostazioni
teoriche che certamente presto potranno essere verificate
e confermate.
2 - IL FILM LACRIMALE
L' integrità e la qualità del film lacrimale sono
condizioni necessarie per un buon trofismo e trasparenza
dell'epitelio corneale.
Il film lacrimale è costituito da più strati: mucoso,
acquoso e lipidico.
Il muco lacrimale in condizioni normali cristallizza, a
temperatura d'ambiente, sotto forma di strutture a felce.
Questo aspetto è evidenziabile con il Ferning Test,
metodo obiettivo di verifica della qualità del film
lacrimale.
Il film lacrimale può essere alterato per cause endogene
ed esogene, particolarmente in condizioni patologiche si
riduce la struttura a felce dei cristalli. In una
situazione di totale alterazione qualitativa del muco
lacrimale la solidificazione non avviene più in
cristalli ma in sostanza amorfa.
La felce prodotta nel Ferning Test è un caratteristico
frattale, simile alle immagini frattali realizzate al
computer con le funzioni iterate di Barnsley. Le
strutture di questi cristalli sono auto-simili, come la
maggior parte dei frattali, o auto-affini come una felce
frattale, che mostra caratteristiche leggermente diverse
a scale diverse.
Questo aspetto ramificato, frattale, è presente solo nel
film lacrimale cristallizzato? Oppure nella sua dinamica
interna e nel rapporto tra i vari strati e le strutture
anatomiche vicine, il film lacrimale nasconde una qualche
morfologia frattale? Inoltre questo ramificarsi e
distribuirsi ha importanza per la funzione protettiva,
umidificante e lubrificante? Lo strato mucoso con
caratteristiche viscose si comporta esattamente come
tutti i liquidi viscosi, in strato molto sottile, che
diffondono o collassano. Schiacciando gocce di sostanza
viscosa fra due lastrine di vetro e poi sollevandole
lentamente, si ottengono strutture ramificate frattali.
Questi frattali ramificati vengono prodotte dalle forze
attrattive fra le molecole della sostanza viscosa. La
struttura delle ramificazioni viscose mostra una forte
somiglianza con le immagini di aggregati per diffusione
ottenute al calcolatore.
Lo stesso comportamento ha lo strato mucoso viscoso del
film lacrimale, schiacciato contro la cornea dal
movimento delle palpebre.
Il muco viene prima schiacciato e poi collassa con
formazione di strutture ramificate frattali, distribuite
uniformemente e casualmente sulla superficie corneale.
Quindi è possibile riscontrare una organizzazione
frattale sia nella diffusione-collasso dello strato
mucoso che nella sua cristallizzazione in condizioni
fisiologiche, mentre in situazioni patologiche il film
lacrimale assume un aspetto amorfo.
Per quale motivo la morfologia frattale del film
lacrimale è fisiologica e scompare in condizioni
patologiche? Probabilmente perché tale distribuzione
frattale è più adattabile e flessibile, permette al
film lacrimale di distribuirsi uniformemente e di
rispondere alla imprevedibilità dell'ambiente.
Di conseguenza anche una terapia sostitutiva del film
lacrimale deve soddisfare le suddette esigenze. Il
liquido dovrà avere caratteristiche di viscosità con
morfologia di diffusione-collasso di tipo frattale e
cristallizzazione a felce.
L'acido Ialuronico nella cristallizzazione presenta
aspetto a felce con andamento rettilineo e corte
ramificazioni. Questo prodotto è attualmente in uso
nella terapia delle alterazioni qualitative del film
lacrimale.
Prodotti senza la suddetta caratteristica frattale hanno
solo la possibilità di aumentare quantitativamente la
componente liquida senza un apporto qualitativo della
componente viscosa, necessaria per l'adattabilità del
film lacrimale ed un effetto duraturo nel tempo.
3 - LA GHIANDOLA LACRIMALE
La ghiandola lacrimale è di tipo tubulo-alveolare
composta, formata da unità ghiandolari, dette lobuli,
con i loro dotti escretori.
L'associazione di vari lobuli costituisce un'unità
morfologica superiore, detta lobo.
I dotti escretori della ghiandola sono ramificati, a
ciascun ramo sbocca uno o più adenomeri ghiandolari. In
questo albero ramificato, formato dai dotti escretori,
convoglia il liquido lacrimale secreto dai lobuli
ghiandolari.
Questa struttura ramificata ha caratteri frattali.
L'insieme dei dotti con i lobuli e i lobi formano un
albero di ramificazioni multiple, la cui configurazione
si presenta autosimile tanto ad alto quanto a basso
ingrandimento. La struttura ramificata del lobulo è
molto simile a quella del lobo.
Modelli simili possono essere realizzati al computer
sfruttando la tecnica matematica dell'iterazione di
funzioni. Nella Figura è riportato un esempio di
formazione arboriforme con escrescenze nodulari, che
ricordano le unità ghiandolari.
4 - LA TOPOGRAFIA CORNEALE
Lo studio della forma e della regolarità della cornea si
basa sulla proprietà di essere specchiante e quindi di
comportarsi come uno specchio convesso. Proiettando una
mira ad area ben conosciuta sulla superficie corneale
anteriore ed analizzando l'immagine riflessa da questa,
si potrà conoscere il raggio di curvatura.
Questo metodo può essere sufficientemente preciso per la
prescrizione di occhiali o di lenti corneali, ma è
certamente impreciso per avere informazioni sulla
curvatura corneale complessiva e sulla regolarità,
necessarie per la chirurgia refrattiva.
Con il metodo suddetto è possibile ottenere solo il
raggio di curvatura della zona centrale della cornea (3
mm), però non possiamo conoscere esattamente la
topografia corneale. E' possibile con l'oftalmometro
misurare punti periferici della cornea, con un sistema di
fissazione mobile, però con questo metodo si creano
difficoltà nella localizzazione perfetta delle zone da
misurare.
Per avere dati più precisi e completi sono stati
realizzati strumenti computerizzati in grado di
analizzare fotograficamente e calcolare le minime
variazioni di forma, determinate dalla superficie
corneale, degli anelli del cheratoscopio. Con questi
apparecchi si può studiare con precisione la topografia
corneale, realizzando immagini ricavate dai valori
integrati matematicamente.
Osservando una mappa della topografia corneale ci
rendiamo conto della sua irregolarità, specialmente in
alcune situazioni patologiche.
Man mano che aumentiamo gli ingrandimenti cheratometrici,
quindi riducendo la zona di esame, ci accorgiamo che
difficilmente è possibile rilevare dati costanti, e che
ad ogni ulteriore ingrandimento i valori si modificano.
Questo è dovuto alla incostanza della curvatura corneale
dal centro alla periferia, si riduce progressivamente
allontanandosi dal centro con un coefficiente di
appiattimento, e da un meridiano all'altro.
Questa irregolarità della superficie corneale presenta
una autosomiglianza, non di tipo lineare ma di tipo
statistico, nelle misurazioni a successivi ingrandimenti.
Per rilevare e quantizzare questa irregolarità corneale
sono stati ideati alcuni parametri, per esempio
coefficiente di simmetria, che spesso vengono forniti dai
moderni cheratoscopi.
Eseguendo misurazioni cheratometriche della superficie
corneale ed aumentando sempre l'ingrandimento, cioè
riducendo la superficie di misurazione, è possibile
notare che da un'apparente regolarità della
cheratometria centrale si arriva a valori che presentano
variazioni, anche se minime, rispetto ai valori di
un'area vicina.
Da queste osservazioni e considerazioni è possibile
ipotizzare che la superficie corneale presenta
caratteristiche frattali, quindi può essere determinata
una sua caratteristica DIMENSIONE FRAZIONARIA.
Questo nuovo parametro, determinabile con relativa
semplicità, può essere indicato con:
Dc = DIMENSIONE FRAZIONARIA CORNEALE
Questa è una misura della irregolarità corneale che
può variare da 1 (completa regolarità, superficie
corneale equivalente ad una lente perfettamente sferica
corrispondente al potere della cheratometria centrale di
3 mm) a valori molto vicini a 2 (superficie corneale con
notevoli irregolarità in tutti i meridiani).
La determinazione di questa dimensione frazionaria
corneale può essere eseguita con varie metodiche,
utilizzando valori cheratometrici in diottrie, i valori
in mm del raggio di curvatura delle varie cheratotomie,
oppure calcolando la lunghezza di ogni meridiano.
Il metodo più semplice e forse anche più completo si
avvale dei valori cheratometrici in diottrie, con la
seguente formula (derivata dalla classica formula della
dimensione frazionaria):
Dc = - Log (K + M) / Log (1/K)
dove K = Valore della cheratometria centrale M = Media
dei valori assoluti della differenza tra cheratometria
centrale e cheratometrie periferiche nei vari meridiani.
In tal modo rilevando più valori cheratometrici in tutti
i meridiani (maggiore è il numero dei valori e maggiore
è la fedeltà del valore della dimensione frazionaria)
è possibile ottenere un parametro che quantizza la
regolarità corneale. I valori necessari al calcolo
potrebbero essere forniti direttamente dai moderni
cheratometri computerizzati, e potrebbe essere
implementata la formula per ottenere direttamente il
risultato finale della Dc.
E' possibile calcolare la Dc totale di tutta la cornea
(DcT) oppure di un solo meridiano (DcM). Nella Tabella
vengono riportati alcuni esempi di dimensione frazionaria
corneale totale e per i meridiani principali.
Con il calcolatore e con un programma idoneo è possibile
realizzare un modello di mappa corneale identico a quello
dei comuni fotorefrattometri. Con semplici modifiche di
parametri della formula implementata possiamo ottenere
mappe del tutto sovrapponibili a quelle reali nelle varie
situazioni patologiche corneali.
Nelle figure sono riportati un esempio di
rappresentazione grafica degli anelli cheratometrici
sulla superficie cornealee un esempio di modello
realizzato al computer.
Con la geometria frattale non è solo possibile calcolare
dei parametri che caratterizzano l'irregolarità
corneale, ma possiamo anche mettere a punto formule, che,
con ben precisi valori dei parametri, ci permettono di
rappresentare graficamente modelli di mappe corneale.
Con questi modelli matematici potrebbe essere impostato
uno studio teorico, individuando le eventuali modifiche
teoriche delle formule implementate si potrebbero
realizzare nuovi sistemi refrattivi specifici per la
correzione delle ametropie.
Certamente prima di arrivare ad un'applicazione pratica,
è necessario approfondire gli studi e perfezionare i
programmi degli elaboratori, rendendoli più specifici.
5 - LA STRUTTURA MICROSCOPICA CORNEALE
L'EPITELIO
L'epitelio corneale è formato da 5 o 6 strati
sovrapposti di cellule epiteliali non cheratinizzate. Lo
strato cellulare anteriore, più superficiale, presenta
numerose micropliche e microvilli.
Questa struttura irregolare a livello microscopico è
simile ad una di quelle curve di dimensione superiore a
1, descritte da Mandelbrot , con caratteristiche
frattali.
Una tale irregolarità, prodotta dai microvilli e dalle
micropliche, determina un aumento notevole della
superficie.
In tal modo si vengono a creare le condizioni idonee di
tipo fisico e biologico per migliorare la funzione della
membrana cellulare anteriore. Questa grande superficie
anteriore, rivestita di mucina, è molto importante per
la stabilità del film lacrimale.
LO STROMA
La sostanza propria della cornea ha la struttura di
connettivo membranoso denso. E' composta di lamelle di
8-10 micron parallele alla superficie della cornea e
addossate tra loro.
Tra queste lamelle si trovano le cellule corneali
connettivali, che per adattarsi ai rilievi, dovuti ai
fasci di fibrille, formano creste sulla superficie.
Inoltre dalle cellule corneali si staccano prolungamenti
che assumono forma di nastro, decorrendo fra le lamelle
si anastomizzano fra loro. In pratica nella sostanza
interlamellare sono scavate nicchie comunicanti mediante
un sistema di canalicoli riempiti dai prolungamenti
cellulari. Queste cellule dello stroma vengono ad avere
una forma polidigitata e ramificata con connessioni di
varia forma e grandezza.
Le digitazioni delle cellule corneali sono simili alle
strutture prodotte dalle sostanze viscose per la forza
attiva delle molecole e la tendenza al collasso. Questi
prolungamenti cellulari hanno forma varia, si
intrecciano, si ramificano e si anastomizzano, creando
una immagine frattale.
Questa forma frattale dipende dalla necessità di
adempiere alle funzioni cellulari in tutta la cornea,
senza compromettere le caratteristiche di trasparenza del
tessuto.
L'ENDOTELIO
L'endotelio corneale è un unico strato di cellule
vagamente esagonali che tappezza internamente la cornea,
come un pavimento coperto di piastrelle. Nell'uomo adulto
queste cellule hanno una capacità di dividersi e
moltiplicarsi praticamente nulla; con l'età il numero di
cellule si riduce. Quelle che rimangono devono
ingrandirsi e modificare la forma per colmare il difetto
lasciato dalle cellule che muoiono. Per questo motivo
spesso la forma delle cellule non è proprio esagonale e
spesso alcune sono più grandi di altre.
Il meccanismo con cui le cellule endoteliali si allungano
e modificano la loro forma è simile a quei meccanismi
matematici delle tassellature di Penrose. Si tratta di
una tassellatura molto complessa che deve sempre e
comunque riempire il piano con le "piastrelle"
rimaste.
Man mano che le cellule endoteliali vengono perse, deve
generarsi una nuova tassellatura, per la quale vigono
però le stesse proprietà di quella di origine, di
dimensioni diverse. Si viene a creare una
"inflazione" della tassellatura endoteliale.
Con la ripetizione del procedimento si può giungere ad
una tassellatura di dimensioni molto più grandi. Questo
significa che una simile struttura è autosimile alle
precedenti scale.
6 - I DENDRITI
Le ramificazioni dei dendriti sono un classico esempio di
struttura frattale ramificata. Di fronte a due fotografie
di dendriti a differenti livelli di ingrandimento (senza
alcun riferimento di scala sull'immagine), può essere
difficile riconoscere a quale ingrandimento corrisponda
una determinata fotografia. Questa proprietà interna,
comune a tutti i frattali, è chiamata autosomiglianza.
Il dendrite lo riscontriamo in oftalmologia nella
cheratite dendritica, manifestazione clinica
dell'infezione da virus erpetico della cornea.
La forma dendritica sembra dipendere, secondo molti
autori, dalla diffusione dell'infezione lungo le
diramazioni nervose, anch'esse dendritiche.
Le forme cliniche sono varie a seconda della progressione
della malattia e del numero di recidive: numerosi
microdendriti, ulcera dendritica classica, ulcera a carta
geografica, cheratite disciforme.
La struttura dendritica si trova frequentemente nelle
immagini frattali, come forma isolata o come espressione
di un frattale per determinati valori dei parametri.
Forme dendritiche possono essere ottenute con l'insieme
di Julia.
Con particolari valori della parte reale e di quella
immaginaria del parametro è possibile realizzare modelli
delle varie forme cliniche della cheratite erpetica, fino
ad una struttura disciforme .
Nella tabella. sono riportati i valori dei parametri per
ottenere le immagini frattali suddette dalla formula
dell'insieme di Julia (immagini realizzabili con il
computer). Come è possibile vedere dai valori della
tabella, bastano piccole variazioni dei parametri per
modificare totalmente la forma del frattale.
Similmente anche nella cheratite erpetica sono
sufficienti piccole variazioni di fattori (parametri)
esogeni o endogeni per determinare una manifestazione
clinica invece di un'altra.
Ramificazioni dendritiche sono presenti anche
nell'insieme di Mandelbrot, struttura di forma bizzarra
con numerose ramificazioni, tra cui alcune di forma dendritica.
7 - L' IRIDE
All'esame macroscopico l'iride è caratterizzato da
cripte, cavità ellissoidali o fusiformi, creste radiali
e trabecole, modellate e disposte a stella intorno al
collaretto irideo.
Queste strutture possono essere presenti in maggiore o
minor quantità in base alle variazioni individuali del
tessuto connettivo, dello stroma ed in base al trofismo
dell'iride. Questa struttura con cavità e creste è
simile ad una spugna che può essere compressa ed
espandersi secondo le necessità.
Un modello matematico frattale molto realistico
dell'iride è rappresentato dalla Spugna di Menger.
Questa struttura frattale normalmente si realizza
partendo da un cubo, suddividendolo in 27 cubi più
piccoli e togliendo il cubo centrale e quelli che stanno
nel centro delle facce (7 cubi in tutto), ripetendo lo
stesso procedimento più volte nei cubi più piccoli
ottenuti, si arriva ad una struttura simile ad una
spugna.
Partendo da una forma non cubica ma anulare-cilindrica e
togliendo forme solide ovalari con dimensioni e posizione
aleatoria, si otterrà una struttura spugnosa molto
simile a quella dell'iride. Questo frattale spugnoso ha
una dimensione compresa tra 2 e 3, più vicina a 3,
quindi è più un corpo solido che una superficie. La
struttura risultante mostra cripte con creste e
all'interno di queste si scorgono altre cripte e creste
più piccole e di forma variabile .
L'autosomiglianza di questo frattale non è di tipo
matematico o deterministico ma statistico. Le parti di
questo modello non sono identiche tra loro e i rapporti
di omotetia interna non fanno parte di una scale rigida.
Si potrebbe pensare di migliorare il modello complicando
l'algoritmo pur mantenendo contemporaneamente il
carattere deterministico; questo metodo sarebbe non
soltanto difficoltoso, ma anche senza alcun risultato
utile. Ogni struttura biologica è stata modellata nel
corso del tempo da molteplici influenze filogenetiche e
ontogenetiche, che non è il caso di seguire nei
particolari. Quindi l'unica soluzione può essere di tipo
statistico. In pratica è un ricorso al caso, perché è
l'unico modello matematico a disposizione di chi cerca di
cogliere l'ignoto e l'incontrollabile.
Una struttura biologica di questo tipo, spugnosa,
compressibile, di dimensioni che possono oscillare tra il
solido e il piano, è certamente il risultato di una
esigenza fisiologica. E' l'unica forma solida che può
rapidamente e agevolmente cambiare di dimensioni in
risposta ad uno stimolo luminoso altrettanto rapido e
variabile. L'iride sottoposta alle sollecitazioni del
muscolo sfintere e del muscolo dilatatore, in base a
stimoli foto-nervosi, modifica le sue dimensioni fino a
ridursi notevolmente di volume, proprio come una spugna
frattale.
8 - IL TRABECOLATO
Il trabecolato è una struttura deputata al deflusso
dell'acqueo; nella sua porzione filtrante possiamo
distinguere, dal punto di vista strutturale e funzionale,
tre parti: trabecolato uveale, trabecolato
corneosclerale, trabecolato cribriforme. Il primo, quello
più interno, è composto di tralci e lamelle
irregolarmente disposti, ma orientati in senso radiale.
Questi tralci delimitano spazi ampi fino a 70 micron.
Il trabecolato corneosclerale è costituito da una fitta
rete di lamelle che delimitano spazi intertrabecolari
più ristretti rispetto a quelli dello strato uveale. A
livello del trabecolato cribriforme gli spazi tra le
fibrille sono non più grandi di 4-7 micron. La struttura
trabecolare contrae rapporti con i tendini anteriori dei
muscoli ciliari.
Questa struttura lamellare, composta di spazi sempre più
piccoli, ha caratteristiche autosimili; man mano che ci
spostiamo dal trabecolato uveale a quello cribriforme la
struttura resta simile, ma cambia la scala. Il
trabecolato ha tutte le caratteristiche di un frattale,
tipo quelle forme solide con dimensione superiore a 2 e
inferiore a 3, come la spugna di Menger.
Certamente il trabecolato non presenta la stessa
regolarità dei frattali realizzati linearmente, perché
la struttura è prodotta in modo aleatorio e
l'autosomiglianza è di tipo statistico.
Perché questa struttura frattale a livello dell'organo
adibito al deflusso dell'acqueo? Per permettere che una
determinata struttura resista a sollecitazioni della
pressione idrostatica e alle trazioni muscolari, è
necessario che la risultante degli sforzi in ogni punto
non superi il limite di deformazione elastica. D'altra
parte il trabecolato, essendo una struttura necessaria
alla filtrazione ed al riassorbimento dell'acqueo, deve
avere una bassa densità per mantenere gli spazi
sufficientemente aperti, pur mantenendo lo stesso volume
e robustezza.
Per realizzare una struttura che, a parità di
composizione biochimica, sia la più resistente
possibile, è necessario che le forze siano distribuite
uniformemente in ogni elemento, e nello stesso tempo
permetta il libero passaggio di acqueo con la minima
resistenza al deflusso.
Tutto questo è possibile solo con una struttura
frattale, ramificata e autosomigliante; questa conserva
praticamente la stessa architettura, se pur a scala
minore, anche a livello del trabecolato cribriforme, dove
le sollecitazioni meccaniche delle fibre muscolari sono
maggiori.
In una situazione patologica, come il glaucoma cronico,
la perdita delle cellule trabecolari, con conseguente
riduzione della glicoproteina della sostanza
fondamentale, determinerebbe una alterazione della
composizione trabecolare. Per mantenere le stesse
funzioni di distribuzione delle forze, con una riduzione
della resistenza trabecolare, è necessario che si abbia
una fusione tra le trabecole adiacenti con conseguente
riduzione della pervietà degli spazi intertrabecolari e
un aumento della resistenza al deflusso.
In tali condizioni viene ad essere alterata la struttura
autosimile frattale, realizzandosi una impalcatura
anomala con grosse travate di compensazione alternate ad
aree che conservano una vaga struttura frattale.
Ancora una volta veniamo ad incontrare la struttura
frattale alla base di condizioni fisiologiche, mentre la
patologia si allontana dalle leggi matematiche dettate
dalla natura.
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