Gli oftalmofrattali
Alfredo Parrozzani
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PARTE SECONDA


FRATTALI, CAOS E SISTEMI DINAMICI COMPLESSI IN OFTALMOLOGIA


"Ogni legge è considerata semplice fino a prova contraria...
... ci accorgiamo che si producono fenomeni, per così dire, inversi: da un lato,
la semplicità si nasconde sotto apparenze complesse,
dall'altro, al contrario, è la semplicità a dissimulare realtà estremamente complesse."
(Henri Poincarè)


1 - INTRODUZIONE
Molti si saranno certamente chiesti perché le strutture oculari, come molte altre della natura, presentino una regolarità soggiacente, nascosta dall'apparente casualità, che spesso si ripete a più scale; ad un primo esame non è possibile capirne il motivo e intuirne le regole.
Le dinamiche oculari vengono interpretate seguendo le regole della logica e della dinamica classiche, per alcuni lati con risultati abbastanza soddisfacenti, tuttavia con molte lacune ed incertezze.
In tutte queste dinamiche, con manifestazioni apparentemente legate a quell'insieme di fattori imponderabili che erroneamente definiamo "caso", esistono leggi che creano una stretta relazione tra "inizio" e "fine"? Quali meccanismi costruttivi, e quindi evolutivi, possono aver generato le regolarità geometriche presenti nelle forme delle strutture oculari, che hanno raggiunto una efficienza funzionale e un alto grado di adattamento alle forze a cui sono sottoposti? Queste domande possono restare senza risposta se non affrontiamo il problema all'origine, respingendo, come scontate e uniche, le "vecchie regole" della geometria classica, e tuffandoci nel mondo dell'irregolare "armonico" e del caos "ordinato ".
L'interpretazione di gran parte dei fenomeni naturali, e quindi anche di quelli biologici, attraverso la geometria classica, speso ci lascia insoddisfatti per le forzature e le "squadrature" con cui avviene.
Nel mio lavoro clinico quotidiano spesso ho avuto occasione di osservare che alcune strutture oculari presentano, nella loro apparente morfologia strana e disordinata, un ordine logico che sfugge ad ogni possibile intuizione immediata. Spesso anche i sistemi, che talvolta cerchiamo di inquadrare in schemi logico-matematici, presentano un andamento totalmente caotico, ma con regole rigide.
Il primo impatto con la geometria frattale, con il caos e con i sistemi dinamici complessi ha determinato solo una sensazione di meraviglia e di curiosità. Approfondendo e addentrandomi in questa nuova scienza matematica mi sono reso conto che questa rappresenta certamente la base e il futuro di ogni indagine scientifica, non solo nelle scienze puramente matematiche, ma anche in quelle biologiche.
Molti interrogativi che sono alla base delle perplessità precedentemente espresse si sono mostrati con una luce nuova.
La peculiare capacità dei frattali di riprodurre la concreta dinamica dei fenomeni oculari rende possibile inglobare in una spiegazione scientifica generale morfologie ed eventi unici (nessuna vascolarizzazione retinica sarà uguale ad un'altra, così come nessuna idrodinamica sarà sovrapponibile ad un'altra), la cui essenza è concretamente vista come complessa, non prevedibile e irripetibile.
In tal modo si realizza la possibilità di affrontare attraverso una teoria scientifica l'indagine di alcuni aspetti dei sistemi oftalmici che in precedenza erano stati affidati a una valutazione empirica ed estetica, condotta seguendo criteri e metodi non scientifici.
L'evoluzione dell'occhio, come quella degli altri organi, è il risultato dei processi di mutazione e ricombinazione dell'informazione genetica, che genera la variabilità, con caratteri caotici, su cui agisce la selezione naturale.
L'informazione genetica fornirebbe solo valori matematici di parametri necessari per lo sviluppo di algoritmi dettati dalla natura.
Questi determinerebbero la formazione di un elevato numero di strutture frattali fino a realizzare l'organo completo. In pratica si verrebbe a creare una combinazione di più algoritmi, che produrrebbero un mosaico di strutture frattali.
I biologi teorici affermano che l'invarianza di scala frattale non è solo comune ma universale nella morfogenesi, e sostengono la necessità di comprendere il modo in cui tali modelli sono codificati ed elaborati.
Questa bio-organizzazione frattale presenta una estrema variabilità con frattali non solo "lineari", ma anche "non lineari" e "aleatori". Le caratteristiche aleatorie sono necessarie per esigenze funzionali e per offrire una maggiore capacità di adattamento dell'organismo alla variabilità ambientale.
Le strutture frattali del occhio si organizzano attraverso una dinamica lenta di sviluppo ed evoluzione embrionale. Si è ipotizzato che tali processi mostrano un caos deterministico.
E' possibile rilevare numerosi esempi di autosomiglianza in scala temporale nello sviluppo dell'occhio. Questa autosomiglianza non è certamente completa, perché presenta molte caratteristiche aleatorie legate ai numerosi fattori che influenzano lo sviluppo. Già dopo poche settimane l'abbozzo dell'occhio presenta quasi tutte le caratteristiche dell'organo completo, anche se in scala minore.
Questo sviluppo embrionale ,che può comportarsi in modo erratico, si presenta come sistema dinamico non lineare con casualità vincolata, che può avere carattere frattale.
Tutte le strutture oculari di tipo frattale, nonostante facciano da supporto a funzioni completamente diverse, hanno in comune tratti strutturali e fisiologici. Ramificazioni e pieghe frattali amplificano notevolmente la superficie necessaria per l'assorbimento e la distribuzione dei liquidi circolanti nel bulbo e per la diffusione e l'elaborazione degli stimoli nervosi.
Le strutture frattali oculari, proprio per la loro irregolarità, sono particolarmente resistenti alle sollecitazioni meccaniche, mantenendo, nello stesso tempo, volume ridotto e peso limitato.
Per quanto riguarda i ritmi e le dinamiche oculari, si può attendere fino a quando i biochimici e i fisiologi accertino e chiariscano tutti i particolari dei loro meccanismi, o iniziare a studiare come questi funzionino nei termini della teoria dei sistemi dinamici complessi, anch'essi con caratteristiche caotiche e frattali.
Ritengo che la medicina, e in particolare l'oftalmologia, sia uno dei campi più adatti allo sviluppo applicativo delle teorie dei frattali, del caos e dei sistemi dinamici complessi.
Certamente abbiamo davanti molta strada prima di arrivare ad una interpretazione dell'oftalmologia basata totalmente sui principi di questa nuova scienza della complessità.
Questa trattazione non vuole rivoluzionare tutta l'oftalmologia ma cerca di chiarire alcuni aspetti morfologici e fisiopatologici attraverso questa "nuova prospettiva", che certamente è più adatta a descrivere i fenomeni della natura, rispetto a quella "classica" troppo rigida e fredda.
Nei capitoli che seguono viene tentata una interpretazione "FRATTALE" di alcune delle più significative strutture e dinamiche oculari. Per alcune sono riportate le deduzioni ricavate da osservazioni cliniche, per altre vengono espresse impostazioni teoriche che certamente presto potranno essere verificate e confermate.

2 - IL FILM LACRIMALE
L' integrità e la qualità del film lacrimale sono condizioni necessarie per un buon trofismo e trasparenza dell'epitelio corneale.
Il film lacrimale è costituito da più strati: mucoso, acquoso e lipidico.
Il muco lacrimale in condizioni normali cristallizza, a temperatura d'ambiente, sotto forma di strutture a felce. Questo aspetto è evidenziabile con il Ferning Test, metodo obiettivo di verifica della qualità del film lacrimale.
Il film lacrimale può essere alterato per cause endogene ed esogene, particolarmente in condizioni patologiche si riduce la struttura a felce dei cristalli. In una situazione di totale alterazione qualitativa del muco lacrimale la solidificazione non avviene più in cristalli ma in sostanza amorfa.
La felce prodotta nel Ferning Test è un caratteristico frattale, simile alle immagini frattali realizzate al computer con le funzioni iterate di Barnsley. Le strutture di questi cristalli sono auto-simili, come la maggior parte dei frattali, o auto-affini come una felce frattale, che mostra caratteristiche leggermente diverse a scale diverse.
Questo aspetto ramificato, frattale, è presente solo nel film lacrimale cristallizzato? Oppure nella sua dinamica interna e nel rapporto tra i vari strati e le strutture anatomiche vicine, il film lacrimale nasconde una qualche morfologia frattale? Inoltre questo ramificarsi e distribuirsi ha importanza per la funzione protettiva, umidificante e lubrificante? Lo strato mucoso con caratteristiche viscose si comporta esattamente come tutti i liquidi viscosi, in strato molto sottile, che diffondono o collassano. Schiacciando gocce di sostanza viscosa fra due lastrine di vetro e poi sollevandole lentamente, si ottengono strutture ramificate frattali. Questi frattali ramificati vengono prodotte dalle forze attrattive fra le molecole della sostanza viscosa. La struttura delle ramificazioni viscose mostra una forte somiglianza con le immagini di aggregati per diffusione ottenute al calcolatore.
Lo stesso comportamento ha lo strato mucoso viscoso del film lacrimale, schiacciato contro la cornea dal movimento delle palpebre.
Il muco viene prima schiacciato e poi collassa con formazione di strutture ramificate frattali, distribuite uniformemente e casualmente sulla superficie corneale.
Quindi è possibile riscontrare una organizzazione frattale sia nella diffusione-collasso dello strato mucoso che nella sua cristallizzazione in condizioni fisiologiche, mentre in situazioni patologiche il film lacrimale assume un aspetto amorfo.
Per quale motivo la morfologia frattale del film lacrimale è fisiologica e scompare in condizioni patologiche? Probabilmente perché tale distribuzione frattale è più adattabile e flessibile, permette al film lacrimale di distribuirsi uniformemente e di rispondere alla imprevedibilità dell'ambiente.
Di conseguenza anche una terapia sostitutiva del film lacrimale deve soddisfare le suddette esigenze. Il liquido dovrà avere caratteristiche di viscosità con morfologia di diffusione-collasso di tipo frattale e cristallizzazione a felce.
L'acido Ialuronico nella cristallizzazione presenta aspetto a felce con andamento rettilineo e corte ramificazioni. Questo prodotto è attualmente in uso nella terapia delle alterazioni qualitative del film lacrimale.
Prodotti senza la suddetta caratteristica frattale hanno solo la possibilità di aumentare quantitativamente la componente liquida senza un apporto qualitativo della componente viscosa, necessaria per l'adattabilità del film lacrimale ed un effetto duraturo nel tempo.



3 - LA GHIANDOLA LACRIMALE
La ghiandola lacrimale è di tipo tubulo-alveolare composta, formata da unità ghiandolari, dette lobuli, con i loro dotti escretori.
L'associazione di vari lobuli costituisce un'unità morfologica superiore, detta lobo.
I dotti escretori della ghiandola sono ramificati, a ciascun ramo sbocca uno o più adenomeri ghiandolari. In questo albero ramificato, formato dai dotti escretori, convoglia il liquido lacrimale secreto dai lobuli ghiandolari.
Questa struttura ramificata ha caratteri frattali. L'insieme dei dotti con i lobuli e i lobi formano un albero di ramificazioni multiple, la cui configurazione si presenta autosimile tanto ad alto quanto a basso ingrandimento. La struttura ramificata del lobulo è molto simile a quella del lobo.
Modelli simili possono essere realizzati al computer sfruttando la tecnica matematica dell'iterazione di funzioni. Nella Figura è riportato un esempio di formazione arboriforme con escrescenze nodulari, che ricordano le unità ghiandolari.

4 - LA TOPOGRAFIA CORNEALE
Lo studio della forma e della regolarità della cornea si basa sulla proprietà di essere specchiante e quindi di comportarsi come uno specchio convesso. Proiettando una mira ad area ben conosciuta sulla superficie corneale anteriore ed analizzando l'immagine riflessa da questa, si potrà conoscere il raggio di curvatura.
Questo metodo può essere sufficientemente preciso per la prescrizione di occhiali o di lenti corneali, ma è certamente impreciso per avere informazioni sulla curvatura corneale complessiva e sulla regolarità, necessarie per la chirurgia refrattiva.
Con il metodo suddetto è possibile ottenere solo il raggio di curvatura della zona centrale della cornea (3 mm), però non possiamo conoscere esattamente la topografia corneale. E' possibile con l'oftalmometro misurare punti periferici della cornea, con un sistema di fissazione mobile, però con questo metodo si creano difficoltà nella localizzazione perfetta delle zone da misurare.
Per avere dati più precisi e completi sono stati realizzati strumenti computerizzati in grado di analizzare fotograficamente e calcolare le minime variazioni di forma, determinate dalla superficie corneale, degli anelli del cheratoscopio. Con questi apparecchi si può studiare con precisione la topografia corneale, realizzando immagini ricavate dai valori integrati matematicamente.
Osservando una mappa della topografia corneale ci rendiamo conto della sua irregolarità, specialmente in alcune situazioni patologiche.
Man mano che aumentiamo gli ingrandimenti cheratometrici, quindi riducendo la zona di esame, ci accorgiamo che difficilmente è possibile rilevare dati costanti, e che ad ogni ulteriore ingrandimento i valori si modificano. Questo è dovuto alla incostanza della curvatura corneale dal centro alla periferia, si riduce progressivamente allontanandosi dal centro con un coefficiente di appiattimento, e da un meridiano all'altro.
Questa irregolarità della superficie corneale presenta una autosomiglianza, non di tipo lineare ma di tipo statistico, nelle misurazioni a successivi ingrandimenti.
Per rilevare e quantizzare questa irregolarità corneale sono stati ideati alcuni parametri, per esempio coefficiente di simmetria, che spesso vengono forniti dai moderni cheratoscopi.
Eseguendo misurazioni cheratometriche della superficie corneale ed aumentando sempre l'ingrandimento, cioè riducendo la superficie di misurazione, è possibile notare che da un'apparente regolarità della cheratometria centrale si arriva a valori che presentano variazioni, anche se minime, rispetto ai valori di un'area vicina.
Da queste osservazioni e considerazioni è possibile ipotizzare che la superficie corneale presenta caratteristiche frattali, quindi può essere determinata una sua caratteristica DIMENSIONE FRAZIONARIA.
Questo nuovo parametro, determinabile con relativa semplicità, può essere indicato con:
Dc = DIMENSIONE FRAZIONARIA CORNEALE
Questa è una misura della irregolarità corneale che può variare da 1 (completa regolarità, superficie corneale equivalente ad una lente perfettamente sferica corrispondente al potere della cheratometria centrale di 3 mm) a valori molto vicini a 2 (superficie corneale con notevoli irregolarità in tutti i meridiani).
La determinazione di questa dimensione frazionaria corneale può essere eseguita con varie metodiche, utilizzando valori cheratometrici in diottrie, i valori in mm del raggio di curvatura delle varie cheratotomie, oppure calcolando la lunghezza di ogni meridiano.
Il metodo più semplice e forse anche più completo si avvale dei valori cheratometrici in diottrie, con la seguente formula (derivata dalla classica formula della dimensione frazionaria):
Dc = - Log (K + M) / Log (1/K)
dove K = Valore della cheratometria centrale M = Media dei valori assoluti della differenza tra cheratometria centrale e cheratometrie periferiche nei vari meridiani.
In tal modo rilevando più valori cheratometrici in tutti i meridiani (maggiore è il numero dei valori e maggiore è la fedeltà del valore della dimensione frazionaria) è possibile ottenere un parametro che quantizza la regolarità corneale. I valori necessari al calcolo potrebbero essere forniti direttamente dai moderni cheratometri computerizzati, e potrebbe essere implementata la formula per ottenere direttamente il risultato finale della Dc.
E' possibile calcolare la Dc totale di tutta la cornea (DcT) oppure di un solo meridiano (DcM). Nella Tabella vengono riportati alcuni esempi di dimensione frazionaria corneale totale e per i meridiani principali.
Con il calcolatore e con un programma idoneo è possibile realizzare un modello di mappa corneale identico a quello dei comuni fotorefrattometri. Con semplici modifiche di parametri della formula implementata possiamo ottenere mappe del tutto sovrapponibili a quelle reali nelle varie situazioni patologiche corneali.
Nelle figure sono riportati un esempio di rappresentazione grafica degli anelli cheratometrici sulla superficie cornealee un esempio di modello realizzato al computer.
Con la geometria frattale non è solo possibile calcolare dei parametri che caratterizzano l'irregolarità corneale, ma possiamo anche mettere a punto formule, che, con ben precisi valori dei parametri, ci permettono di rappresentare graficamente modelli di mappe corneale.
Con questi modelli matematici potrebbe essere impostato uno studio teorico, individuando le eventuali modifiche teoriche delle formule implementate si potrebbero realizzare nuovi sistemi refrattivi specifici per la correzione delle ametropie.
Certamente prima di arrivare ad un'applicazione pratica, è necessario approfondire gli studi e perfezionare i programmi degli elaboratori, rendendoli più specifici.


5 - LA STRUTTURA MICROSCOPICA CORNEALE
L'EPITELIO
L'epitelio corneale è formato da 5 o 6 strati sovrapposti di cellule epiteliali non cheratinizzate. Lo strato cellulare anteriore, più superficiale, presenta numerose micropliche e microvilli.
Questa struttura irregolare a livello microscopico è simile ad una di quelle curve di dimensione superiore a 1, descritte da Mandelbrot , con caratteristiche frattali.
Una tale irregolarità, prodotta dai microvilli e dalle micropliche, determina un aumento notevole della superficie.
In tal modo si vengono a creare le condizioni idonee di tipo fisico e biologico per migliorare la funzione della membrana cellulare anteriore. Questa grande superficie anteriore, rivestita di mucina, è molto importante per la stabilità del film lacrimale.

LO STROMA
La sostanza propria della cornea ha la struttura di connettivo membranoso denso. E' composta di lamelle di 8-10 micron parallele alla superficie della cornea e addossate tra loro.
Tra queste lamelle si trovano le cellule corneali connettivali, che per adattarsi ai rilievi, dovuti ai fasci di fibrille, formano creste sulla superficie. Inoltre dalle cellule corneali si staccano prolungamenti che assumono forma di nastro, decorrendo fra le lamelle si anastomizzano fra loro. In pratica nella sostanza interlamellare sono scavate nicchie comunicanti mediante un sistema di canalicoli riempiti dai prolungamenti cellulari. Queste cellule dello stroma vengono ad avere una forma polidigitata e ramificata con connessioni di varia forma e grandezza.
Le digitazioni delle cellule corneali sono simili alle strutture prodotte dalle sostanze viscose per la forza attiva delle molecole e la tendenza al collasso. Questi prolungamenti cellulari hanno forma varia, si intrecciano, si ramificano e si anastomizzano, creando una immagine frattale.
Questa forma frattale dipende dalla necessità di adempiere alle funzioni cellulari in tutta la cornea, senza compromettere le caratteristiche di trasparenza del tessuto.

L'ENDOTELIO
L'endotelio corneale è un unico strato di cellule vagamente esagonali che tappezza internamente la cornea, come un pavimento coperto di piastrelle. Nell'uomo adulto queste cellule hanno una capacità di dividersi e moltiplicarsi praticamente nulla; con l'età il numero di cellule si riduce. Quelle che rimangono devono ingrandirsi e modificare la forma per colmare il difetto lasciato dalle cellule che muoiono. Per questo motivo spesso la forma delle cellule non è proprio esagonale e spesso alcune sono più grandi di altre.
Il meccanismo con cui le cellule endoteliali si allungano e modificano la loro forma è simile a quei meccanismi matematici delle tassellature di Penrose. Si tratta di una tassellatura molto complessa che deve sempre e comunque riempire il piano con le "piastrelle" rimaste.
Man mano che le cellule endoteliali vengono perse, deve generarsi una nuova tassellatura, per la quale vigono però le stesse proprietà di quella di origine, di dimensioni diverse. Si viene a creare una "inflazione" della tassellatura endoteliale. Con la ripetizione del procedimento si può giungere ad una tassellatura di dimensioni molto più grandi. Questo significa che una simile struttura è autosimile alle precedenti scale.


6 - I DENDRITI
Le ramificazioni dei dendriti sono un classico esempio di struttura frattale ramificata. Di fronte a due fotografie di dendriti a differenti livelli di ingrandimento (senza alcun riferimento di scala sull'immagine), può essere difficile riconoscere a quale ingrandimento corrisponda una determinata fotografia. Questa proprietà interna, comune a tutti i frattali, è chiamata autosomiglianza.
Il dendrite lo riscontriamo in oftalmologia nella cheratite dendritica, manifestazione clinica dell'infezione da virus erpetico della cornea.
La forma dendritica sembra dipendere, secondo molti autori, dalla diffusione dell'infezione lungo le diramazioni nervose, anch'esse dendritiche.
Le forme cliniche sono varie a seconda della progressione della malattia e del numero di recidive: numerosi microdendriti, ulcera dendritica classica, ulcera a carta geografica, cheratite disciforme.
La struttura dendritica si trova frequentemente nelle immagini frattali, come forma isolata o come espressione di un frattale per determinati valori dei parametri.
Forme dendritiche possono essere ottenute con l'insieme di Julia.
Con particolari valori della parte reale e di quella immaginaria del parametro è possibile realizzare modelli delle varie forme cliniche della cheratite erpetica, fino ad una struttura disciforme .
Nella tabella. sono riportati i valori dei parametri per ottenere le immagini frattali suddette dalla formula dell'insieme di Julia (immagini realizzabili con il computer). Come è possibile vedere dai valori della tabella, bastano piccole variazioni dei parametri per modificare totalmente la forma del frattale.
Similmente anche nella cheratite erpetica sono sufficienti piccole variazioni di fattori (parametri) esogeni o endogeni per determinare una manifestazione clinica invece di un'altra.
Ramificazioni dendritiche sono presenti anche nell'insieme di Mandelbrot, struttura di forma bizzarra con numerose ramificazioni, tra cui alcune di forma dendritica.


7 - L' IRIDE
All'esame macroscopico l'iride è caratterizzato da cripte, cavità ellissoidali o fusiformi, creste radiali e trabecole, modellate e disposte a stella intorno al collaretto irideo.
Queste strutture possono essere presenti in maggiore o minor quantità in base alle variazioni individuali del tessuto connettivo, dello stroma ed in base al trofismo dell'iride. Questa struttura con cavità e creste è simile ad una spugna che può essere compressa ed espandersi secondo le necessità.
Un modello matematico frattale molto realistico dell'iride è rappresentato dalla Spugna di Menger. Questa struttura frattale normalmente si realizza partendo da un cubo, suddividendolo in 27 cubi più piccoli e togliendo il cubo centrale e quelli che stanno nel centro delle facce (7 cubi in tutto), ripetendo lo stesso procedimento più volte nei cubi più piccoli ottenuti, si arriva ad una struttura simile ad una spugna.
Partendo da una forma non cubica ma anulare-cilindrica e togliendo forme solide ovalari con dimensioni e posizione aleatoria, si otterrà una struttura spugnosa molto simile a quella dell'iride. Questo frattale spugnoso ha una dimensione compresa tra 2 e 3, più vicina a 3, quindi è più un corpo solido che una superficie. La struttura risultante mostra cripte con creste e all'interno di queste si scorgono altre cripte e creste più piccole e di forma variabile .
L'autosomiglianza di questo frattale non è di tipo matematico o deterministico ma statistico. Le parti di questo modello non sono identiche tra loro e i rapporti di omotetia interna non fanno parte di una scale rigida. Si potrebbe pensare di migliorare il modello complicando l'algoritmo pur mantenendo contemporaneamente il carattere deterministico; questo metodo sarebbe non soltanto difficoltoso, ma anche senza alcun risultato utile. Ogni struttura biologica è stata modellata nel corso del tempo da molteplici influenze filogenetiche e ontogenetiche, che non è il caso di seguire nei particolari. Quindi l'unica soluzione può essere di tipo statistico. In pratica è un ricorso al caso, perché è l'unico modello matematico a disposizione di chi cerca di cogliere l'ignoto e l'incontrollabile.
Una struttura biologica di questo tipo, spugnosa, compressibile, di dimensioni che possono oscillare tra il solido e il piano, è certamente il risultato di una esigenza fisiologica. E' l'unica forma solida che può rapidamente e agevolmente cambiare di dimensioni in risposta ad uno stimolo luminoso altrettanto rapido e variabile. L'iride sottoposta alle sollecitazioni del muscolo sfintere e del muscolo dilatatore, in base a stimoli foto-nervosi, modifica le sue dimensioni fino a ridursi notevolmente di volume, proprio come una spugna frattale.


8 - IL TRABECOLATO
Il trabecolato è una struttura deputata al deflusso dell'acqueo; nella sua porzione filtrante possiamo distinguere, dal punto di vista strutturale e funzionale, tre parti: trabecolato uveale, trabecolato corneosclerale, trabecolato cribriforme. Il primo, quello più interno, è composto di tralci e lamelle irregolarmente disposti, ma orientati in senso radiale. Questi tralci delimitano spazi ampi fino a 70 micron.
Il trabecolato corneosclerale è costituito da una fitta rete di lamelle che delimitano spazi intertrabecolari più ristretti rispetto a quelli dello strato uveale. A livello del trabecolato cribriforme gli spazi tra le fibrille sono non più grandi di 4-7 micron. La struttura trabecolare contrae rapporti con i tendini anteriori dei muscoli ciliari.
Questa struttura lamellare, composta di spazi sempre più piccoli, ha caratteristiche autosimili; man mano che ci spostiamo dal trabecolato uveale a quello cribriforme la struttura resta simile, ma cambia la scala. Il trabecolato ha tutte le caratteristiche di un frattale, tipo quelle forme solide con dimensione superiore a 2 e inferiore a 3, come la spugna di Menger.
Certamente il trabecolato non presenta la stessa regolarità dei frattali realizzati linearmente, perché la struttura è prodotta in modo aleatorio e l'autosomiglianza è di tipo statistico.
Perché questa struttura frattale a livello dell'organo adibito al deflusso dell'acqueo? Per permettere che una determinata struttura resista a sollecitazioni della pressione idrostatica e alle trazioni muscolari, è necessario che la risultante degli sforzi in ogni punto non superi il limite di deformazione elastica. D'altra parte il trabecolato, essendo una struttura necessaria alla filtrazione ed al riassorbimento dell'acqueo, deve avere una bassa densità per mantenere gli spazi sufficientemente aperti, pur mantenendo lo stesso volume e robustezza.
Per realizzare una struttura che, a parità di composizione biochimica, sia la più resistente possibile, è necessario che le forze siano distribuite uniformemente in ogni elemento, e nello stesso tempo permetta il libero passaggio di acqueo con la minima resistenza al deflusso.
Tutto questo è possibile solo con una struttura frattale, ramificata e autosomigliante; questa conserva praticamente la stessa architettura, se pur a scala minore, anche a livello del trabecolato cribriforme, dove le sollecitazioni meccaniche delle fibre muscolari sono maggiori.
In una situazione patologica, come il glaucoma cronico, la perdita delle cellule trabecolari, con conseguente riduzione della glicoproteina della sostanza fondamentale, determinerebbe una alterazione della composizione trabecolare. Per mantenere le stesse

funzioni di distribuzione delle forze, con una riduzione della resistenza trabecolare, è necessario che si abbia una fusione tra le trabecole adiacenti con conseguente riduzione della pervietà degli spazi intertrabecolari e un aumento della resistenza al deflusso.
In tali condizioni viene ad essere alterata la struttura autosimile frattale, realizzandosi una impalcatura anomala con grosse travate di compensazione alternate ad aree che conservano una vaga struttura frattale.
Ancora una volta veniamo ad incontrare la struttura frattale alla base di condizioni fisiologiche, mentre la patologia si allontana dalle leggi matematiche dettate dalla natura.

CONTINUA

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